Il Signore mi disse: «Proclama tutte queste parole nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, dicendo:
Ascoltate le parole di questa alleanza e mettetele in pratica!»

Geremia 11,6

GRUPPO LETTORI

Fondamenti

Per esercitare al meglio il servizio di lettori e lettrici, è essenziale che si ab­bia la massima coscienza del significa­to, dell’importanza e delle implicazioni che questo servizio comporta per ciascuno di noi e per la vita della Chiesa tutta.

Esiste uno strettissimo rapporto tra Parola di Dio e li­turgia.
La celebrazione liturgica, infatti, non solo presuppone l’ ascolto della Parola di Dio, e quindi la fede e la conver­sione a Cristo “Parola vivente” (cfr SC,9), ma è il “luo­go” privilegiato in cui questa Parola risuona oggi, nella Chiesa.
Con il rinno­vamento conciliare, non c’è azione liturgica – soprattutto dei sacramenti – che non richieda una “litur­gia della Paro­la” e perciò la proclamazione di una o più letture bibliche.

Attraverso la Sua Parola, proclamata nell’assemblea cri­stiana, “Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo vangelo” (ivi, 33). Nella Parola, Cristo ri­sorto si fa realmente presente tra i suoi e dona lo Spi­rito per la glorificazione del Padre e la loro santificazio­ne e quindi per l’e­sercizio di quel “culto spirituale” che è pro­prio dei veri adoratori del Padre (cfr Gv 4,24).
La presenza del Signore nella Parola è sottolineata, nella celebrazione, dagli onori che vengono resi al libro santo e in particolare all’evangeliario. Questo rituale è destinato a esprimere una meravigliosa realtà: attraver­so la Paro­la che si annun­cia, si compie nella Chiesa una ve­ra “epifania” del Signore in mezzo a coloro che, da que­sta stessa Paro­la, sono con­vocati per professare e crescere nel­la fede e celebrare il mistero pasquale di Cristo. “È lui dunque che par­la quan­do nella Chiesa si leggono le Scritture“ (SC, 7).

Proprio per questo, la proclamazione della Parola nel­la liturgia diven­ta un evento che attualizza la sto­ria del­la salvezza: un avvenimento salvifico.
Quando colui che legge fa risuona­re tra i fratelli la parola di Dio non racconta una storia del passato, non fa una le­zione di scuola, ma annuncia un “mistero” che si realizza qui e oggi per quanti l’ascoltano con attenzione e l’accol­gono con fede.
Ciò vuol dire, in concreto, che la liturgia della Parola non è soltanto un elemento didattico o una “preparazione” a ciò che avviene più tardi (es.: la consacrazione e la co­munione eucaristica), ma è essenziale all’atto di culto e quindi par­tecipa delle finalità di esso: la proclamazione della Parola è glorificazione di Dio e sorgente di salvezza e di santità per gli uomini.

Il Il corretto e fedele esercizio del servizio del lettore si in­serisce nel vivo del cammino di fede dell’intera comuni­tà parrocchiale, quale « Chiesa raccol­ta attorno alla pa­rola di Dio e all’Eucaristia, con la costante e viva tensione che la Parola cresca, e si moltiplichi il nu­mero dei di­scepoli (At 6,7) mediante il ministero del vangelo; e gli uo­mini raggiunti dal vangelo possano offrire se stessi co­me sa­crificio vivo, santo, gradito a Dio » (cfr CEI, EM, 12).
Lo scopo ultimo dell’impegno del lettore è proprio que­sto e possiamo applicare a lui quanto s. Paolo afferma dell’apostolo/missionario: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annun­ceranno, se non sono stati inviati?” (Rom 10,13-15).

Per tutti questi motivi, accanto ai ministeri “ordinati”, la vita e l’insegna­mento della Chiesa hanno sem­pre visto e ammesso altri ministeri, pur se con variazioni secondo le epoche e le necessità.
Dopo la riforma del Vaticano II, i ministeri “non ordinati” istituiti o “di fatto” sono due e fanno riferimento al libro e all’al­tare: il lettorato e l’accolitato. Essi sono conferiti ai candidati al presbiterato, ma possono essere affidati an­che a “quei laici eletti da Dio, i quali sono chiamati dal ve­scovo, perché si diano più completamente alle opere apo­stoliche” (ivi), spe­cialmente nel campo dell’annuncio della parola di Dio, della celebrazione liturgico-sacra­mentale e del­la testimo­nianza e del servizio di carità.

Questi ministeri, in forma diversa, parteci­pano della mis­sione e della grazia del supremo sacerdozio di Cristo (cfr LG, 41) e, pertanto, non nascono dal sacramento del­l’Ordine, ma dai sacramenti dell’iniziazione cri­stiana e “sono ‘isti­tuiti’ dalla Chiesa sulla base della ca­pacità che i fedeli hanno, in forza del Battesimo, di farsi carico di com­piti e man­sioni speciali nella comunità. Co­stituiscono anche essi una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo con­cede per il bene della Chiesa e compor­tano pure, per quanti li assumono, una grazia, speciale anche se non sa­cramentale, che viene invoca­ta e merita­ta dall’interces­sione e dalla benedizione della Chiesa” (cfr CEI,EM, 62).

Per una metodologia della lettura liturgica

Come proclamare la Parola

La proclamazione liturgica è fatta da uomini per altri uomini e reca quindi con sé anche i di­fetti degli uomini. Eppure non sempre un buon dicitore, come un attore professionista, può assol­vere la funzione di lettore nella celebrazione liturgica, perché non basta che la lettura risulti chiara e intelligibi­le. Nel­la procla­mazione liturgica si esige un certo colore e calore, una cer­ta solennità, un tono più vibrato, più partecipato. La proclama­zione liturgica esclude la lettura teatrale. Si tratta invece di pronunciare ogni parola della Bibbia con cuo­re spalancato, ca­rico di amore e di umiltà. 

L’amore verso Dio che ci affida la sua Parola e verso il Popolo di Dio che ha bisogno di nutrirsi di questa Parola, impedirà letture frettolose, sfilacciate e superficiali; l’umiltà terrà lontano dalla vuota enfasi e dalla fredda declamazione.

Questo amore umile, attento e disponibile si esprime anche nel modo in cui il lettore si prepara a svolgere il proprio compito. Egli, qualche giorno prima della celebrazione, dovrebbe studiare la Parola che va a proclamare, conoscerne il contenuto biblico, il significato all’interno del tempo liturgico e della specifica celebrazione, ma anche leggerla e rileg­gerla, studiandone le parole in modo da poterne regolare la velocità e il tono nella lettura, ma anche vedere se ci sono nel brano parole o nomi difficili per informarsi in precedenza sulla corretta pronuncia di essi.

Dare voce alla Parola di Dio

La lettura o, meglio, la proclamazione in un’assemblea liturgica è il risultato di due operazioni che tutti facciamo normalmente: leg­gere e parlare. Il carattere pubblico della lettura, però, richiede che siano rispettati alcuni principi:

  • non si legge in assemblea come si legge per proprio conto un giornale o un romanzo;
  • non si parla in assemblea come si fa in una conversazione fra due o tre persone;
  • inoltre, siccome leggiamo la Parola di Dio (non una qualsiasi parola umana!) e siamo in un ambito liturgico e proclamiamo testi biblici, dobbiamo tenere sempre presente che è Cristo “che parla quando nella Chiesa si pro­clama la Sacra Scrittura” e questo avviene nella nostra celebrazione, almeno in parte, dal modo con cui ciascuno di noi svol­ge il pro­prio compito.

Il ministrante addetto ai libri deve portarli dall’altare all’ambone, la struttura sopraelevate destinata alle letture, e viceversa. Deve sorreggere il libro durante la lettura, se occorre, e durante la processione d’ingresso portare il lezionario e posarlo sull’altare.

Il lettore ricordi che non legge la Parola di Dio per sé, ma per gli altri. Deve dunque prestare una particolare at­tenzione in modo da essere capito. Soprattutto, non deve avere mai fretta.

Leggere senza fretta lascia il tempo alle parole non soltanto di essere pronunciate, ma soprattut­to di essere ca­pite; anche per questo, è fondamentale che il lettore si sia preparato precedentemente.
Chi ascolta, infatti, ha bisogno di tempo per poter organizzare i suoni che sente in una frase dotata di senso. E questo dipende dalle pause e anche dalla velocità con cui si legge.

Parlare con chiarezza, pronunciando con decisione e distintamente.

Molto spesso capita di spegnere la voce alla fine della frase, “mangiandosi” le ultime sillabe. È perciò importan­te mante­nere ritmo e tono regolare durante tutta la lettura.

Responsabile del gruppo lettori è la prof.ssa Tina Zanfardino.

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